Vi piacerebbe digitalizzare un oggetto in 3D o addirittura creare la copia digitale di voi stessi? Oggi parliamo di fotogrammetria!

La fotogrammetria è una tecnica che permette di ricostruire in modo automatico un oggetto 3D partendo da una serie di fotografie scattate da prospettive diverse. In pratica è molto simile a una scansione 3D, ma in questo caso non servono attrezzature particolari, addirittura può farlo chiunque tramite il proprio smartphone. Vi mostreremo anche un modo per farlo voi stessi. Ma andiamo per gradi.

Prima di tutto dobbiamo decidere che cosa dobbiamo digitalizzare: un oggetto, una persona, un ambiente o un’intera area geografica? Sì perché questa tecnica non si limita semplici oggetti, ma può essere applicata a praticamente qualsiasi cosa. Ovviamente a seconda del soggetto avremo tecniche e limitazioni leggermente diverse.

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Come Scattare le foto per la Fotogrammetria

In linea generale, dobbiamo fare in modo che il software che eseguirà l’elaborazione sia in grado di riconoscere che le varie immagini siano parte di un’unico grande puzzle. Un po’ come quando scattiamo una foto panoramica, ma il tutto avviene in 3D. Per questo bisogna tenere presenti alcuni fattori:

  1. Quello che fotografiamo deve essere un oggetto fermo o quantomeno deve cambiare il meno possibile durante lo scatto delle immagini che ci servono. Quindi, oltre alla posizione, è importante che cambi il meno possibile la luce;
  2. Scattiamo le foto in modo che ci sia molta sovrapposizione fra un’immagine e un’altra. Proprio come nelle foto panoramiche, il software funziona meglio se tra uno scatto e l’altro includiamo nell’inquadratura circa un terzo della precedente e della successiva, in senso orizzontale o verticale in base a come ci stiamo muovendo. In questo modo ha abbastanza informazioni per capire in ogni punto dello spazio a cosa corrisponde quella determinata immagine;
  3. Muoversi tanto e in direzioni precise. A differenza delle foto panoramiche in cui si ruota semplicemente su sé stessi, è fondamentale scattare molte foto da prospettive sempre diverse una dall’altra, perché è proprio il cambio di punto di vista che permette al software di capire la profondità e ricavare così le posizioni nello spazio 3D degli oggetti;
  4. Evitare buchi. Se una porzione dell’oggetto non è sufficientemente coperta da foto, il programma non riesce a ricostruirla, generando deformazioni o addirittura aree vuote. E’ importante sì muoversi molto, ma di poco alla volta, proprio per mantenere le sovrapposizioni tra immagini che abbiamo detto prima. Per questo è consigliato studiare un percorso da seguire in modo regolare e ordinato, in modo da non lasciare scoperta nessuna porzione dell’oggetto;
  5. Evitare oggetti trasparenti, riflettenti o perfettamente uniformi nel colore. Questi tipi di oggetti sono difficili per il software da ricostruire, perché non forniscono abbastanza punti di riferimento da far capire in che direzione ci stiamo muovendo. Oppure forniscono informazioni ingannevoli, come nel caso di un oggetto riflettente;
  6. Le foto devono essere bene a fuoco, abbastanza luminose, senza sfocature dovute al movimento e senza cambi di esposizione tra una foto e l’altra.

Ovviamente, migliore sarà l’attrezzatura, più fine e realistico sarà il risultato finale, ma questo non è il parametro pù importante. Infatti, anche usando attrezzatura professionale, può venire una scansione scadente se non stiamo attenti a quanto detto fino ad ora.


Elaborazione

Una volta che abbiamo le nostre immagini, ci basta inserirle in un software apposito e far partire l’elaborazione. Quante immagini ci servono per avere una buona scansione dipende da molti fattori, in particolare dal softare che usiamo e da come sono state scattate le foto (oltre che dalla complessità dell’oggetto).

Teniamo presente infatti che l’elaborazione è un processo molto pesante, ed è quindi sempre meglio tenere il più basso possibile il numero di scatti. Per questo è importante fare molte prove per imparare a scattare in modo adeguato le foto, ed eliminare quelle di troppo o fuori fuoco prima di iniziare l’elaborazioni.

Per darvi un’idea, tra le 40 e le 60 foto possono essere più che sufficienti per avere una scansione anche molto buona se abbiamo organizzato bene gli scatti. Possiamo superare le 100 se l’oggetto è più complesso, senza aumentare eccessivamente i tempi di calcolo. Andare oltre è assolutamente possibile, ma i tempi di calcolo possono passare velocemente da pochi minuti o qualche ora, a giorni interi.

I programmi per la fotogrammetria lavorano in diversi passaggi, ed è possibile effettuare alcune ottimizzazioni per ridurre i tempi di calcolo, come selezionare un’area precisa da elaborare, escludendo quello che è di troppo, o definire il livello di finezza dell’elaborazione stessa.

In generale, dopo che le foto sono state allineate dal software, si passa al calcolo della cosiddetta nuvola di punti, che mostra tutti i punti che sono stati riconosciuti dal software. Qui è possibile capire, in base alla sua densità, se ci sono aree con buchi o meno informazioni rispetto ad altre. Da qui si passa poi al calcolare la mesh, ossia l’oggetto 3D vero e proprio, e successivamente la texture. Sì perchè uno dei grandi vantaggi di questa tecnica sta proprio nel fatto che, avendo un grande numero di foto di partenza, il modello 3d sarà letteralmente ricoperto dalle immagini stesse che abbiamo scattato, producendo un effetto molto realistico e dettagliato.


Rifinitura

Abbiamo il nostro oggetto 3D, possiamo guardarlo da ogni direzione e punto di vista. Prima di utilizzarlo effettivamente possiamo però decidere se effettuare nuovamente alcuni dei passaggi precedenti, per migliorarlo o correggere eventuali errori.

Inoltre l’oggetto generato in questo modo ha un problema di base: è molto pesante. Sì perché, proprio come accade con le immagini e i video, anche gli oggetti 3D hanno una “risoluzione”, ossia il numero di vertici o di poligoni. Un altro problema è anche il rumore. Più immagini utilizziamo (e meno ideali sono le condizioni in cui le scattiamo), più si genererà rumore, ossia delle micro imperfezioni che rendono il modello non preciso come dovrebbe. Entrambi i problemi possono essere risolti direttamente all’interno del software, tramite strumenti appositi per ridurre il numero di vertici e rimuovere il rumore, oppure esportando il modello 3D per lavorarlo su software di modellazione.


A Cosa serve la Fotogrammetria

Il nostro modello 3D è finalmente pronto, e ora possiamo utilizzarlo. Ma cosa possiamo farci? Essendo un modello 3D, possiamo farci praticamente qualsiasi cosa. Alcuni degli ambiti più utilizzati sono:

  • Ricostruzione di intere aree (tramite rilevamento con droni) per lo studio del territorio, la mappatura di una città (Google Maps 3D usa questa tecnica), la progettazione architettonica, ecc.;
  • Ricostruzione e animazione di attori digitali per effetti speciali in film o videogiochi, ma anche ambienti o oggetti da usare come asset realistici;
  • Progettazione personalizzata su un oggetto reale, avendo proporzioni e dimensioni precise;
  • Duplicazione di oggetti reali tramite la stampa 3D;
  • Ricostruzione di opere d’arte per musei virtuali e la divulgazione interattiva.


Software per la Fotogrammetria

Ci sono diversi programmi per la fotogrammetria, alcuni specializzati in un determinata tipologia (come ad esempio quella basata su rilevamenti con droni). Citiamo qui uno dei più noti: Photoscan, un software professionale tra i più usati nell’ambito. Se invece cercate un’alternativa gratuita molto valida vi consigliamo Meshroom.

Se invece volete provare subito la fotogrammetria, senza usare programmi complessi, scaricate l’app Display.land . E’ semplicissima da usare, e alla fine della scansione, le vostre foto saranno caricate in automatico sul loro server e sarà il servizio, gratuito, a preoccuparsi di elaborare il tutto, restituendovi la scansione completa una volta pronta. Da qui, se volete, potete decidere di condividere la vostra scansione o scaricare il file 3D per utilizzarlo su altri programmi.



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